martedì 17 febbraio 2015

Articolo 2 - Diritto di accesso

Commento a cura di Federica Gorgone


Introduzione
Tra gli strumenti che hanno portato la nostra società ad evolversi è possibile affermare senza alcun dubbio che la nascita di internet abbia svolto un ruolo fondamentale. L'introduzione della rete ha infatti portato numerose novità nella vita privata di ognuno di noi ed anche in quella pubblica, rivoluzionando il modo di comunicare, di interagire e di accedere alle informazioni. Agendo da "facilitatore", internet, ha consentito inoltre di oltrepassare facilmente i limiti spazio-temporali. L'inserimento di internet nella vita quotidiana insomma contribuisce fortemente all' «intensificazione di relazioni sociali mondiali che collegano tra loro località distanti, facendo sì che gli eventi locali vengano modellati dagli eventi che si verificano a migliaia di chilometri di distanza e viceversa»1. Il Web è divenuto quindi ad oggi il perno centrale della maggior parte delle attività con forte rilevanza sociale. In questi termini ed in una società in continua evoluzione verso il fenomeno del "digitale" sembra quasi scontato affermare che chiunque dovrebbe avere il diritto di poter accedere alla rete e che in caso contrario, andrebbe incontro ad emarginazione sociale ed a grandi limitazioni. E' possibile vedere allora internet come diritto sociale e quindi da annoverare fra i diritti fondamentali? A cosa si va incontro tenendo in considerazione questa ipotesi? In realtà la questione è molto più complessa di quanto sembra, in quanto fino ad ora l'accesso alla rete sembra non essere stato tutelato in termini giuridici come realmente dovrebbe, o almeno non in tutti i paesi. Essi infatti hanno inteso l'accesso alla rete in maniera differente, dandovi spesso una rilevanza marginale. Questa breve parte introduttiva mi è necessaria per poter comprendere al meglio il motivo per cui oggi anche l'Italia (con un po' di ritardo rispetto ad altre nazioni) ha avvertito l'esigenza di introdurre una "Dichiarazione dei diritti di internet" (ancora in Bozza) come strumento indispensabile per dare fondamento costituzionale ai diritti in rete e con l'obiettivo di tutelare il cittadino in quanto, utilizzando un termine di Luca Sartori , "indigeno digitale". Il Bill of Rights italiano di cui stiamo parlando consta di quattordici punti ed è stato presentato di recente (l'8 Ottobre 2014) dal presidente della Camera Laura Boldrini che commenta la presentazione di quest'ultima affermando che: "Considerare Internet uno dei vari media è riduttivo e improprio. Internet è molto di più, è una dimensione essenziale per il presente e il futuro delle nostre società; una dimensione diventata in poco tempo un immenso spazio di libertà, di crescita, di scambio e di conoscenza"2.
L'idea della Magna Charta italiana dei diritti sul web nasce dalla commissione presieduta dal giurista Stefano Rodotà e si inserisce nel dibattito globale che vede nel Marco Civil3 brasiliano la primissima presa di posizione in materia di diritti in rete. Nello specifico ciò che interessa a noi in questo momento è soffermarci a commentare ed analizzare l'articolo 2 della Bozza di Dichiarazione dei diritti fondamentali in internet, che risulta essere il fulcro su cui ruota l'intera bozza legislativa: il diritto di accesso alla rete. L'idea è inoltre quella di porre quest'ultimo in relazione al contesto giuridico nazionale ed internazionale cercando di capirne l'essenza e la rilevanza giuridica attribuitagli.

L'Italia dell'innovazione: il diritto d'accesso alla rete come diritto fondamentale

E' bene affermare che l'articolo 2 della dichiarazione dei diritti in internet intende l'accesso al web come precondizione necessaria ed irrinunciabile per l'esercizio di ogni altro diritto fondamentale. Cerchiamo di capire bene cosa si intende affermare, guardandolo più da vicino. L'articolo in questione recita così: «Ogni persona ha eguale diritto di accedere a Internet in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale.
Il diritto fondamentale di accesso a Internet deve essere assicurato nei suoi presupposti sostanziali e non solo come possibilità di collegamento alla Rete.
L’accesso comprende la libertà di scelta per quanto riguarda sistemi operativi, software e applicazioni.
L’effettiva tutela del diritto di accesso esige adeguati interventi pubblici per il superamento di ogni forma di divario digitale – culturale, infrastrutturale, economico – con particolare riferimento all’accessibilità delle persone con disabilità»4.Il primo comma racchiude in sé l'essenza dell'intero articolo, focalizzando l'attenzione sul diritto all'eguaglianza nell'accedere alla rete. La commissione che sta lavorando alla bozza riprende qui un diritto, quello dell'eguaglianza formale e sostanziale, già ampiamente tutelato in termini generali dalla Costituzione5 nell'articolo 3. La novità però è che il suddetto è messo in relazione al mondo digitale, intendendo l'effettiva possibilità per tutti e in ogni caso di accedere ad internet in condizioni di parità. L'idea è infatti quella di rendere pari a zero le disuguagliante in rete tra abbienti e meno abbienti, uomini e donne, chi ha già alte conoscenze dell'utilizzo del Web e chi non le ha, tra chi ha una disabilità e chi è normodotato. Fin qui l'idea di tutelare l'eguaglianza in rete sembra un principio altamente considerevole e meritevole di interesse giuridico. Ci si domanda allora se (e per quale motivo) fino ad oggi sia realmente mancata la tutela di questo diritto, ponendo il contesto giuridico italiano in relazione a quello internazionale. Infatti, in realtà, il concetto di eguaglianza nell'accesso alla rete non è nuovo nel dibattito giuridico globale. Tuttavia non poche sono le controversie in merito, non soltanto a livello europeo ma a livello mondiale. A tal proposito fanno riflettere le recenti dichiarazioni di Vinton Cerf, apparse sul New York Times: «sarebbe un errore far rientrare la tecnologia nella categoria dei diritti fondamentali ad esempio un tempo se non si possedeva un cavallo era difficile guadagnarsi da vivere, ma l’importante era il diritto di guadagnarsi da vivere, non il diritto ad un cavallo. Oggi se mi fosse garantito il diritto ad avere un cavallo, non saprei dove metterlo»6. A livello sovranazionale, le Nazioni Unite hanno posto particolare attenzione al Web, tutelando espressamente il diritto alla rete in quanto diritto fondamentale dell'uomo. Così nell'articolo 19 della "Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo e del cittadino" possiamo veder attribuita alla rete: «una forza nell’accelerazione del progresso verso lo sviluppo nelle sue varie forme» ed ancora esplicita richiesta a tutti gli stati membri «di promuovere e facilitare l’accesso a Internet». L'idea è quella di riconoscere espressamente ad internet un ruolo fondamentale come mezzo per far sì che il cittadino si affermi nella società odierna e quindi meritevole di garanzie giuridiche. Nel 2006 le stesse Nazioni Unite hanno posto in rilievo l'accesso da parte dei soggetti con disabilità ai sistemi di informazione e di comunicazione (ICT) , in particolar modo ad Internet, invitando gli enti ed i mezzi di comunicazione di massa, che operano attraverso tali strumenti, a renderli quanto più facilmente accessibili a tali soggetti senza discriminazione alcuna. Punto che vediamo ripreso anche nell'articolo 2 nella bozza della "Dichiarazione dei diritti in internet" che stiamo esaminando ma che comunque non risulta essere nuovo neppure all'interno del dibattito pubblico italiano. Infatti già nel 2004 Antonio Palmieri (oggi membro della commissione che sta lavorando alla bozza della dichiarazione dei diritti in internet ed attento sostenitore dell'articolo 2) si fece promotore della cosiddetta "Legge Stanca"7 (legge 4/2004) che conteneva disposizioni per favorire l'accesso dei soggetti portatori di handicap sensoriali agli strumenti informatici e comprendeva numerosi altri temi inerenti all'accessibilità delle ICT. La legge all'ora fu molto innovativa, in quanto l'Italia era ben lontana dall'idea di un accesso alla rete come diritto. Tuttavia purtroppo la "Legge Stanca" non fu mai totalmente applicata, rimanendo congelata fino alla fine del 2012. Ad ogni modo, procedendo con il nostro confronto tra il caso italiano e quello sovranazionale, ancora una volta, notiamo come a farsi promotrici di istanze cui sembra riferirsi l'art.2 (se pur in maniera implicita) siano le Nazioni Unite che nella "Dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni" approvata nel 2007 sottolineano l'importanza dell'eguaglianza nell'accesso alla rete. Infatti è qui previsto il diritto per i popoli indigeni ad avere accesso a tutte le forme mediatiche non indigene senza discriminazione (compreso internet). E' possibile comunque andare oltre i confini europei per vedere come l'idea dell'accesso alla rete come diritto sia stato ampiamente discusso anche in altre legislazioni che hanno dato il buon esempio tracciandone la via maestra. E' il caso del Brasile che, come già detto all'inizio di questo elaborato, tramite il Marco Civil ha disciplinato l'accesso al web. Possiamo notare delle analogie tra quanto ritroviamo in esso in riferimento al diritto d'accesso in rete e quanto esplicitato dall'articolo 2 della Bill of rights italiana: “L'accesso ad internet è essenziale all’esercizio dei diritti di cittadinanza”, si legge nell’articolo sette della magna charta brasiliana che successivamente prosegue elencando alcuni diritti fondamentali dei quali nessun utente della rete deve, in alcun caso, poter essere privato se non per ordine della sola autorità giudiziaria (in casi straordinari) - e non di una qualsiasi autorità amministrativa come avviene in Italia, sulla base di un’espressa previsione di legge - e non di un qualsiasi regolamento e/o atto amministrativo, come è spesso avvenuto in Italia. A partire da tali atti internazionali insomma si può dedurre che l'idea di veder garantito l'accesso alla rete in maniera eguale a tutti gli individui, comprese minoranze e categorie svantaggiate oltre ad non essere nuova nel dibattito giuridico globale è, a mio avviso, nella società odierna una condicio sine qua non. Nella società di oggi insomma la tutela di questo diritto risulta un elemento imprescindibile per garantire l'integrazione sociale di ogni essere umano e la sua realizzazione nella società. E' possibile così notare un certo interesse, almeno negli ultimi anni, in tutta Europa verso il diritto d'accesso al web uguale per tutti, tanto da poter fare riferimento ad alcuni casi di eccellenza (tra cui purtroppo non figura l'Italia) nella tutela di quest'ultimo. Ricordiamo ad esempio l'Estonia in cui il Telecommunications Act del febbraio del 2000 ha inserito l'accesso alla rete al novero degli obblighi in quanto servizio universale promettendo di eliminare qualsiasi forma di discriminazione digitale; la Spagna che nel marzo del 2011 ha, attraverso l'art. 52 della Legge n.2, istituito la banda larga come obbligo da assicurarsi con l'utilizzo di qualsiasi tecnologia indipendentemente dalla disponibilità di infrastrutture fisse; la Finlandia (primo paese nel mondo che ha riconosciuto la connessione ad internet a banda larga) con la specifica disciplina che qualifica espressamente l'accesso ad internet come diritto legale da garantire a tutti i cittadini; la Francia, dove la décision n. 2009-580 DC- 10 giugno 2009 del Conseil constitutionnel francese ha affermato che la connessione a Internet è un diritto fondamentale del cittadino e che nessuna autorità può essere in grado di limitarlo e la Grecia che nel 2001 ha modificato la costituzione nazionale introducendo l'articolo 5-bis, il quale afferma che: «Tutte le persone hanno il diritto di partecipare alla società dell’informazione, facilitandone l’accesso alle informazioni trasmesse elettronicamente, così come il diritto di produrre, scambiare e diffondere informazioni mediante mezzi elettronici costituisce un obbligo dello Stato, nel rispetto delle garanzie degli art. 9  e19 della Costituzione» .
L'Italia sembra oggi con l'articolo 2 della dichiarazione dei diritti in internet essersi resa conto della rilevanza giuridica dell'eguaglianza nell'accesso alla rete decidendo di inserirsi nel dibattito giuridico già avviato da alcuni anni, che vede il diritto d'accesso alla rete come diritto sociale e fondamentale dell'uomo in quanto tale. Il diritto d'accesso tanto caro a Stefano Rodotà, ex garante della privacy, è posto in cima alla lista degli obiettivi da raggiungere il prima possibile tanto da trovarlo come secondo punto nella dichiarazione dei diritti internet, subito dopo i principi generali.
Il diritto d'accesso alla rete: punti di forza e debolezza della bozza

Abbiamo fino ad ora delineato brevemente il quadro giuridico generale in cui si inserisce l'idea del diritto d'accesso alla rete come diritto fondamentale, ponendo particolare attenzione a ciò che probabilmente sono state le fonti di ispirazione per l'attuale modello italiano in riferimento all'articolo due. Ci si vuole adesso soffermare su quelli che sono, a mio avviso, i possibili punti di forza e i punti di debolezza di tale proposta. Come è stato più volte messo in risalto fin dall'inizio di questo elaborato in merito al diritto di accesso al web in condizioni di eguaglianza, tale proposta risulta essere un grande passo in avanti per l'Italia che si sta muovendo, seppur lentamente, verso un ampio processo di digitalizzazione in cui il cittadino è cittadino digitale e trova proprio nell'accesso alla rete la propria realizzazione. Il principio ispiratore dell'articolo 2 della dichiarazione dei diritti in internet quindi è, oltre che innovativo per il nostro paese, attuale e meritevole di interesse giuridico. Per quanto riguarda l'aspetto contenutistico generale dell'articolo penso che non vi sia la necessità di porre alcuna critica in quanto sembra essere abbastanza completo. Concordo inoltre con l'idea avuta dai giuristi italiani promotori di tale proposta nel vedere il diritto d'accesso in internet come condizione essenziale per esercitare anche altri diritti, primo fra tutti ,a mio avviso, quello della partecipazione democratica. Riprendendo le parole di Rifkin, in sintesi : «[..]in un mondo sempre più imperniato su reti economiche e sociali mediate elettronicamente, il diritto di non essere esclusi – il diritto all’accesso – acquisisce un’importanza crescente. I paradigmi dell’inclusione e dell’accesso hanno ormai sostituito quelli di autonomia e possesso, caratterizzanti il concetto di proprietà in senso tradizionale: nella economia delle reti si va verso un concetto di proprietà non più inteso come potere di escludere gli altri dal godimento del bene proprio bensì come diritto di non essere esclusi dal godimento delle risorse accumulate dalla società»8. Il merito più grande da riconoscere all'articolo 2 è , secondo il mio parere, quello di porre sotto i riflettori un argomento interessante ed odierno, un diritto che fino a questo momento non ha trovato concreta attuazione, spingendo l'intera popolazione ad un dibattito altamente stimolante in materia (si pensi ad esempio alla piattaforma online messa a disposizione dei cittadini per poter attivamente commentare i quattordici punti della dichiarazione e poterne proporre di nuovi) . Nella formulazione dell'articolo però è possibile, a mio avviso, trovare alcune pecche. Risulta ambigua ad esempio l'idea di intendere la norma davvero rivolta a chiunque, ad esempio questo principio vale anche per i detenuti o possibili soggetti pericolosi? Bisognerebbe in questo caso aggiungere alla norma un comma riferito alla possibilità di prevedere delle restrizioni in casi eccezionali previsti dalla legge. Un altro punto ambiguo dell'articolo secondo me è quello che riguarda le modalità tecnologicamente adeguate ed aggiornate. Qual è il parametro secondo cui una modalità tecnologica è da considerarsi aggiornata? E quando si parla di adeguamento, rispetto a cosa? Anche per quanto riguarda la libertà di scelta in riferimento ai sistemi operativi, software e applicazioni nutro qualche dubbio. Mi domando come i cittadini ( si pensi soprattutto a coloro i quali non hanno dimestichezza con le nuove tecnologie) possano realmente conoscere tutte le potenziali opportunità di scelta che il web mette loro a disposizione e fare quindi una scelta consapevole. In che modo essi sono guidati nella scelta? Chi coadiuva il cittadino? Quali strumenti sono messi a disposizione di quest'ultimo?
Tramite un'attenta analisi inoltre, ho potuto verificare che anche sul web non sono mancate le critiche e le perplessità in merito a questo articolo, ritenendolo fortemente ridondante e controproducente. Secondo un articolo del "Corriere delle comunicazioni" in cui mi sono imbattuta, ad esempio, l'Istituto Bruno Leoni (uno dei maggiori centri di studi italiano) ha bocciato l'intera Dichiarazione dei diritti in internet proposta dalla commissione parlamentare italiana, compreso l'articolo 2 di cui abbiamo fino ad ora parlato. A tal proposito si legge: "[... ]Non si vede perché mai il diritto di accedere a Internet in condizioni di uguaglianza e parità, non dovrebbe essere protetto dal già esistente diritto al pieno sviluppo della persona umana e all’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese di cui all’articolo 3 della Costituzione, indipendentemente che si tratti di accesso a internet o meno"9. In sintesi secondo l'Istituto in questione la dichiarazione dei diritti in internet risulterebbe inutile perché i diritti cui essa fa riferimento sono già coperti da garanzia costituzionale. Ma è davvero così? In riferimento all'articolo 2 che abbiamo fino ad ora analizzato è possibile sollevare a mio avviso alcune questioni. Se è pur vero che l'articolo in linea di principio sembra accostarsi all'articolo 3 della costituzione, come sostiene l'Istituto Bruno Leoni, secondo cui "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali" ed "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese"10, ciò non basta secondo me, per poter affermare che l'articolo 2 sia già pienamente in esso tutelato. Sorge spontanea una domanda allora: come può dirsi protetto il diritto d'accesso alla rete, se nell'articolo sopra citato non è neppure considerata espressamente l'idea di Internet in condizione di eguaglianza? Manca a mio avviso infatti nella costituzione un chiaro riferimento all'accesso alla rete in condizioni paritarie qualificando tale diritto come strumento fondamentale per la realizzazione di un' eguaglianza non sono formale ma anche sostanziale di tutti i cittadini. Inoltre, nell'articolo proposto nella dichiarazione dei diritti in internet si legge che: "L’effettiva tutela del diritto di accesso esige adeguati interventi pubblici per il superamento di ogni forma di divario digitale – culturale, infrastrutturale, economico – con particolare riferimento all’accessibilità delle persone con disabilità". Vi è in questo caso un esplicito riferimento agli interventi statali come garanzia del diritto d'accesso alla rete per tutti (definiti infatti "adeguati") anche ai soggetti portatori di handicap. Lo Stato insomma secondo l'art.2 della bozza della dichiarazione diventa garante a tutti gli effetti dell'accesso alla rete in condizioni di parità e deve adoperarsi in maniera concreta nel rimuovere tutti gli ostacoli che non consentono di superare il digital divide. Un'obiezione che possiamo fare a questo punto in merito a quanto detto dall'Istituto Bruno Leoni è che nell'art. 3 della Costituzione (che loro sostengano basti come garanzia e protezione del diritto di accedere a Internet in condizioni di uguaglianza e parità) non essendoci alcun riferimento esplicito all'eguaglianza nell'accesso alla rete manchi anche un riferimento a chi debba occuparsi in maniera sostanziale di tale eguaglianza, ovvero lo Stato. Se è pur vero che in linea di principio sembra quasi scontato pensare che debba essere proprio tale istituzione a fare da garante dei diritti di cui gode il cittadino, considerando che l'accesso alla rete debba essere inteso come un diritto a tutti gli effetti si sente l'esigenza allora di un esplicito riferimento normativo riguardo le funzioni di garanzia statali.
Volendo considerare il diritto d'accesso ad internet in senso formale come strumento fondamentale per far sì che l'individuo possa realizzare se stesso e le proprie libertà di manifestazione di pensiero, l'Istituto Leoni si esprime sostenendo che tale libertà siano già espresse nell'art. 21 della Costituzione secondo cui "tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione"11 per cui è già applicabile anche alla rete nonostante non vi sia un esplicito riferimento. A mio avviso, in questo caso potrebbe bastare in linea generale il termine "ogni altro mezzo" intendendolo già come comprensivo anche della rete ma non guasta ugualmente un esplicito riferimento normativo che indichi il web come strumento necessario per la realizzazione di tali libertà nell'era odierna del "digitale". Il mio non è un pensiero nuovo, cercando in rete infatti è possibile imbattersi nelle numerose proposte di reinterpretazione proprio dell'art.21 della Costituzione che hanno come obiettivo quello di estendere al web garanzie costituzionali. Faccio in questo caso riferimento al cosiddetto art.21-bis che mira a ribadire fortemente ed espandere i principi costituzionali riguardanti l'eguaglianza e l'apertura verso il diritto d'accesso ad Internet che vanno a rafforzare, seppur in modo indiretto, anche il principio di neutralità della rete ( che possiamo trovare tra gli articoli della bozza della Dichiarazione dei diritti in internet) e l'idea secondo cui l'accesso alla rete debba essere garantito in quanto bene comune. Proprio per tale motivo ritorniamo a sentire secondo me la necessità di affermare le numerose responsabilità dello stato nel garantire l'accesso al web come precondizione della cittadinanza digitale e quindi in senso più ampio della stessa democrazia, cenno che manca tra i principi costituzionali in riferimento alla rete.
Dal punto di vista sostanziale, potendo intendere il diritto d'accesso al web come "diritto sociale" l'Istituto sostiene che esso sia già stato ampiamente discusso dal Parlamento europeo in modo chiaro come ad esempio nella Risoluzione del 10 aprile 2008 che ha spinto gli Stati membri a «riconoscere che internet è una vasta piattaforma per l’espressione culturale, l’accesso alla conoscenza e la partecipazione democratica alla creatività europea, che crea dei ponti tra generazioni nella società dell’informazione, e, conseguentemente, a evitare l’adozione di misure contrarie ai diritti dell’uomo, ai diritti civili e ai principi di proporzionalità, di efficacia e di dissuasione, come l’interruzione all’accesso a Internet»12 e nella Raccomandazione di marzo 2010 mirata a raggiungere il Consiglio sul "rafforzamento della sicurezza e delle libertà fondamentali su internet" con cui si è affermato che l'accesso ad internet è necessario per garantire la libertà di espressione e che rappresenta una grande opportunità per rafforzare la cittadinanza attiva". In realtà a mio avviso poiché possiamo vedere il diritto d'accesso ad internet come una pretesa soggettiva a prestazioni pubbliche al pari di istruzione e sanità, oltre a queste discussioni vi è la necessità di chiari ed espliciti riferimenti normativi (che possiamo trovare all'interno della proposta della dichiarazione dei diritti in internet) che vedano le istituzioni nazionali come fondamentali nel garantire l'accesso alla rete eguale per tutti i cittadini in modo sostanziale tramite investimenti e politiche mirate. Non dobbiamo dimenticare infatti che oggi la cittadinanza è digitale e che per tale motivo si sente l'esigenza dell'accesso ad internet come diritto sociale effettivamente tutelato di cui la Repubblica deve assicurare a tutti la fruizione.
In sintesi, da quanto detto fino ad ora emerge con chiarezza il mio sguardo per lo più critico nei confronti di quanto affermato dall'Istituto Bruno Leoni. La dichiarazione dei diritti in internet potrebbe essere insomma (contrariamente al pensiero dell'Istituto) una chiara e valida fonte ispiratrice di riforme costituzionali degli stessi articoli di cui quest'ultimo afferma la pertinenza in materia di accesso ad internet. Dobbiamo acquisire infatti a mio avviso la consapevolezza che la rete spinge ad una logica costituzionale nuova che si adatti all'era della digitalizzazione e che vi sia l'esigenza di una dichiarazione dei diritti in internet e nello specifico di un articolo sull'accesso al web in condizioni di parità.

Parità ed eguaglianza nell'accesso: utopia o realtà?

L'ultimo punto, non meno importante di quanto abbiamo detto fino a questo momento, su cui vorrei soffermarmi è quello inerente alla reale attuazione dell'articolo di cui abbiamo discusso. Alla luce di quanto detto fin dall'inizio di questo commento, sorge spontanea una riflessione: il rispetto del principio di eguaglianza nell'accesso alla rete consentirebbe davvero di superare il ritardo strutturale e culturale (legato all'analfabetismo informatico) del nostro paese? O meglio, guardando l'attuazione di questo diritto da un altro punto di vista: come l'Italia può assicurare il diritto fondamentale di accesso ad internet nei suoi presupposti sostanziali azzerando fenomeni (quali il digital divide) se i mezzi a propria disposizione risultano tutt'oggi obsoleti e/o mal gestiti? Nell'articolo 2 è richiesta la supervisione delle istituzioni nel ridurre il divario digitale fra gli "information rich" e gli "information poor" in maniera non soltanto formale ma sostanziale. Le istituzioni cioè devono effettivamente farsi promotrici dell'eguaglianza nell'accesso alla rete a cominciare dalla distribuzione di dotazioni necessarie per connettersi al Web fino al superamento delle disparità a livello sociale. Per tale motivo quindi si sente l'esigenza di colmare il divario culturale (tramite l'educazione alla rete di cui non ci soffermeremo a parlare perché già affrontata dall'articolo 13 "Diritto all'educazione" della dichiarazione dei diritti in internet) ed anche quello digitale. Ma come il nostro paese può realmente tutelare il cittadino? C'è da domandarsi allora se questa tendenza a riconoscere il diritto alla rete sia accompagnata da un evoluzione in campo digitale per l'intero paese o se considerare la tutela e l'attuazione di questo diritto, come un'utopia, solo in senso formale.
A riguardo di quest'ultimo punto sono alquanto scettica, la realizzazione in termini sostanziali di tale diritto risulta, ad oggi, secondo me difficile in Italia. A dar voce ai miei pensieri e a confermare i miei sospetti è stata la lettura di un'interessante ricerca condotta dell'Ocse in cui è stato posto in evidenza il grandissimo ritardo tecnologico del nostro paese. In particolare l'indagine in questione ha rilevato una posizione arretrata dell'Italia in riferimento alla banda larga. Con quali strumenti allora il nostro caro paese può realmente garantire l'attuazione del diritto d'accesso al web eguale per tutti? A questo quesito purtroppo non so dare risposta, e a tal proposito nutro più dubbi che certezze, lascio quindi aperta la questione ed invito i lettori di questo commento ad una riflessione sull'argomento.

1 Il costituzionalismo del Novecento, Roma-Bari, 2000, p.252 e ss.
2 http://www.camera.it/leg17/1179
3 http://en.wikipedia.org/wiki/Brazilian_Civil_Rights_Framework_for_the_Internet
4 http://camera.civi.ci/discussion/proposals/partecipa_alla_consultazione_pubblica_bill_of_rights
5 Art. 3 della Costituzione : Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti ala legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese». (http://www.governo.it/Governo/Costituzione/principi.html)
6 Editoriale del New York Times del 4 gennaio 2012.
7 Testo legge 4/2004 http://www.camera.it/parlam/leggi/04004l.htm
8 http://www.confronticostituzionali.eu/?p=756
9 http://www.corrierecomunicazioni.it/tlc/32115_magna-charta-di-internet-l-affondo-di-ibl-la-politica-lasci-stare-la-rete.htm
10 http://www.governo.it/Governo/Costituzione/principi.html
11 https://www.senato.it/1025?sezione=120&articolo_numero_articolo=21
12 http://www.confronticostituzionali.eu

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