martedì 3 febbraio 2015

Articolo 3 - Neutralità della rete



di Serena Pacchiachucchi


La bozza della Dichiarazione dei Diritti di Internet è stata pubblicata lo scorso ottobre al termine dei lavori dell’apposita Commissione, istituita dalla presidente della Camera, Laura Boldrini, presieduta dal prof. Rodotà e composta equamente da esperti del settore e parlamentari.

La dichiarazione si compone di un preambolo e 14 articoli, che spaziano dal diritto di accesso all’anonimato, dalla difesa dell’identità del cittadino al diritto all’oblio, dalla tutela dei dati personali e della sicurezza in rete ai criteri per il governo di internet.

Il presente lavoro si concentrerà in particolare sull’articolo 3, dedicato al tema della neutralità della rete. Brevemente, la questione riguarda il trasporto dei pacchetti di dati che viaggiano in internet e l’idea che questi debbano essere trattati tutti allo stesso modo, senza discriminazioni: la neutralità implica che si vieti la possibilità, da parte degli internet service provider (ISP) fornitori del servizio, di gestire il traffico privilegiando certi contenuti o certi operatori a discapito di altri.



PERCHÉ È IMPORTANTE GARANTIRE IL DIRITTO AD UNA RETE NEUTRALE

È chiaro come nella società attuale internet costituisca parte integrante e sempre più indispensabile delle nostre vite. Proprio per questo motivo, la rete va considerata come un bene comune, al quale deve essere garantito l’accesso e la possibilità di utilizzarne servizi e benefici senza discriminazioni e disuguaglianze. La questione della net neutrality potrebbe essere dunque equiparata per importanza alle libertà fondamentali della persona, la cui tutela è precondizione della democrazia stessa. Per questo, il riconoscimento di una garanzia pubblica a favore di una rete neutrale appare indispensabile in uno stato di diritto.

Prima di entrare nel merito delle libertà fondamentali, è necessario spiegare meglio qual è il principio che la dichiarazione vuole difendere e quali sono le possibili conseguenze che una “non neutralità” porterebbe sulla scena.

Come già accennato, la rete è neutrale quando i pacchetti di dati non possono essere discriminati in base a ciò che contengono, al mittente, al sistema utilizzato, ecc. Tuttavia, molti ISP vorrebbero la libertà di poter gestire i pacchetti affinché, durante i picchi di traffico, possano rallentare quelli meno importanti: ma chi stabilisce quali dati meritano la priorità? Allo stesso modo, si potrebbe sostenere che i pacchetti che trasportano contenuti pirata o illegali vadano bloccati, ma questo presuppone l’esercizio di un controllo a priori sul traffico e una selezione dei contenuti: il rischio di possibili scorrettezze o censure preventive è evidentemente molto alto.

In pratica, se fosse consentito discriminare i dati in base al contenuto, gli ISP potrebbero essere tentati dal rallentare il servizio di un operatore non gradito o concorrente, con la possibile conseguenza di blocchi “convenienti” o contenuti “imposti” da governi o altre entità. L’utente potrebbe avere accesso solo a una parte della rete, quella cioè dei grandi player, che avrebbero la forza di stipulare accordi economici con gli ISP per la fornitura di maggiore banda, mentre tutti i piccoli potenziali innovatori, blogger, startup, progetti di stampo locale ecc. potrebbero essere messi in secondo piano o addirittura scomparire. In conclusione si prospetterebbe un internet a due velocità, con connessioni più efficienti e contenuti migliori per cittadini e imprese disposti a pagare, mentre per tutti gli altri resterebbe un servizio di livello inferiore in cui la banda sarebbe soggetta a blocchi e restrizioni in favore di servizi “superiori”.

La rete, da sempre strumento libero e in costante sviluppo, perderebbe immediatamente la sua forza e gli utenti si ritroverebbero solo canali e contenuti predefiniti, in un modo del tutto simile ad una tv satellitare. Il modello della neutralità, invece, presuppone la concezione di internet come uno strumento fondamentale della vita dei cittadini, al pari di altri servizi di utenza comune come l’elettricità, il gas, il telefono: un servizio pubblico che deve essere garantito indipendentemente dalle modalità d’uso, e che viene pagato in base al consumo effettuato.

Non solo, la discriminazione potrebbe assumere anche la forma più subdola di rallentamenti tecnici, mancati aggiornamenti di software o scarsa manutenzione delle reti allo scopo di favorire più o meno apertamente certi player. Una cosa simile si è verificata negli Stati Uniti, dove la compagnia di telecomunicazioni Verizon ha rallentato la velocità del servizio di Netflix, fornitore di contenuti video online (in concorrenza con lo stesso Verizon per alcuni servizi). Verizon non aveva effettuato alcuni aggiornamenti tecnici necessari per aumentare la capacità di banda durante i momenti di sovraccarico, con ripercussioni sulla qualità dei servizi di streaming. L’obiettivo di Verizon sarebbe quello di proporre un accordo commerciale al content provider per concedergli priorità di banda e maggiore velocità. L’operazione ha portato però, sempre negli Stati Uniti, alla nota battaglia tra Verizon e la FCC (Federal Communication Commision del governo statunitense): quest’ultima aveva imposto delle regole agli ISP per una gestione non discriminante dei servizi online, mentre la compagnia di telecomunicazioni si è opposta alla legittimità del regolamento vincendo la causa. La FCC ha dovuto riscrivere le proprie norme e attualmente sta lavorando ad una proposta già aperta alla consultazione pubblica.

Tornando alla proposta italiana e al collegamento tra net neutrality e diritti fondamentali, lo stesso preambolo della bozza riconosce come indispensabile il “pieno riconoscimento di libertà, eguaglianza, dignità e diversità di ogni persona”, principi che vengono garantiti proprio riconoscendo un accesso equo e libero ad internet e ai suoi contenuti. La premessa inoltre insiste sulla necessità di una garanzia che “eviti il prevalere di poteri pubblici e privati che possano portare ad una società della sorveglianza, del controllo e della selezione sociale”, rifiutando così qualsiasi discriminazione e abuso di potere, sia politico che economico, nell’uso della rete.

Nello specifico, affermare l’importanza di una rete neutrale significa garantire a tutti i cittadini la stessa libertà di espressione, affinché le conversazioni o i pensieri manifestati via web non subiscano rallentamenti o blocchi in base al contenuto; significa anche garantire la libertà di azione e la possibilità di creare innovazione, perché i servizi emergenti devono godere delle stesse condizioni dei grandi operatori (chiamati anche over the top, OTT) affinché i nuovi Facebook e Google possano affermarsi. La garanzia riguarda anche il diritto di scelta e il principio di libera concorrenza, per il quale sono gli utenti, e non i fornitori della banda, a decidere chi avrà successo e chi no sulla rete preferendo un servizio ad un altro.

La questione resta comunque delicata, soprattutto in merito a chi dovrebbe assicurare simili garanzie e in che modo. Una delle principali critiche mosse alla dichiarazione dei diritti italiana è proprio la scarsa applicabilità, l’impossibilità di influenzare, con un provvedimento di carattere nazionale, un fenomeno di dimensione mondiale e sovranazionale. In realtà, come si legge nel preambolo, si tratta di un documento “indispensabile per dare fondamento costituzionale a principi e diritti”, un atto normativo di indirizzo che mira a garantire dei valori di base e affronta nello specifico il contesto di internet, ormai sempre più fondamentale per la vita dei cittadini.



ELEMENTI CONDIVISIBILI NEL TESTO

Parlando del testo della bozza italiana, innanzi tutto la scelta di intervenire esplicitamente in difesa della net neutrality costituisce di per sé un punto importante e condivisibile.

È ingenuo, per non dire sbagliato, credere che la rete si possa autoregolare e rimanere neutrale senza opportune regole a tutela dei player minori (utenti e imprese fornitrici di contenuti o servizi). Se le istituzioni non richiedono in modo chiaro agli operatori di telecomunicazioni di rispettare determinati valori e diritti, il rischio è che le grandi compagnie del settore possano aggirare quegli stessi principi, dettando regole più o meno trasparenti e obbligate su contenuti, velocità e scelte degli utenti. Per questo, la presenza dell’articolo sulla net neutrality costituisce quasi la precondizione di tutta la carta dei diritti, che hanno fondamento solo se chi utilizza la rete ha il pieno controllo di ciò che invia, riceve o fruisce tramite la stessa.

Commentando nel dettaglio l’articolo 3, il testo può essere idealmente suddiviso in due parti (per altro già contraddistinte dal capoverso). Il primo paragrafo recita:

Ogni persona ha il diritto che i dati che trasmette e riceve in Internet non subiscano discriminazioni, restrizioni o interferenze in relazione al mittente, ricevente, tipo o contenuto dei dati, dispositivo utilizzato, applicazioni o, in generale, legittime scelte delle persone.”

Tutto quello che è stato detto fin’ora sull’importanza della garanzia di una rete neutrale può trovare riscontro in queste prime righe dell’articolo. È importante che vengano differenziati i termini “discriminazioni”, “restrizioni” e “interferenze”, di modo che possano intendersi come operazioni scorrette anche i più piccoli e dissimulati interventi di traffic management. Apprezzabile inoltre il riferimento alla libertà di scelta del singolo, in merito anche ad applicazioni e dispositivi utilizzati, che non devono costituire fonte di differenziazione. In linea di principio, queste poche righe appaiono ben formulate e chiare, anche se piuttosto generiche.

Il secondo paragrafo affronta invece il nocciolo della questione, la parte più delicata e controversa. Il testo è il seguente:

La neutralità della Rete, fissa e mobile, e il diritto di accesso sono condizioni necessarie per l’effettività dei diritti fondamentali della persona. Garantiscono il mantenimento della capacità generativa di Internet anche in riferimento alla produzione di innovazione. Assicurano ai messaggi e alle loro applicazioni di viaggiare online senza discriminazioni per i loro contenuti e per le loro funzioni”.

La prima cosa che si nota è il carattere molto didascalico delle affermazioni, quasi una spiegazione del modo in cui la carta interpreta il tema della net neutrality. La prima frase costituisce il nodo centrale e contiene due punti molto importanti.

Il primo è sicuramente il fatto che si parli di rete fissa e mobile, aprendo la questione ad un mondo in cui la neutralità non è assicurata. I provider mobili, infatti, hanno già facoltà di discriminare i pacchetti di dati e scegliere quali trasmettere e quali escludere dal servizio. Ad esempio, alcuni hanno provato a non consentire ai loro utenti l’uso di Skype su connessioni mobili, per evidenti motivi di concorrenza. Se questo fosse stato possibile anche su rete fissa, probabilmente i servizi cosiddetti VoIP come Skype non sarebbero potuti nascere, perché in competizione con i tradizionali operatori telefonici. Ciò significa che senza neutralità l’innovazione e la nascita di nuovi sistemi potrebbe essere compromessa, o comunque vincolata all’approvazione dei grandi gestori del traffico. Gli operatori di rete mobile non devono ricevere nessun trattamento di favore e anche ai loro servizi deve essere applicato il principio di neutralità al pari del sistema “tradizionale”.

Il secondo punto importante del testo è che la neutralità è accompagnata dal diritto di accesso, affrontato nello specifico dall’articolo 2 della dichiarazione. Le questioni sono strettamente collegate, in quanto senza accesso, inteso come adeguate infrastrutture diffuse su tutto il territorio, parlare di rete neutrale non avrebbe senso. La mancanza ad esempio di banda larga in una zona costituirebbe un ostacolo alla fruizione di specifici contenuti che richiedono maggiore velocità e al potenziale sviluppo di nuove applicazioni. Nella stessa frase del testo, si sottolinea nuovamente che i due principi sono la base per la reale garanzia dei diritti fondamentali della persona: non c’è libertà di espressione né di informazione senza diritto di accesso, non c’è libertà di scelta senza neutralità dei servizi.

In riferimento alla capacità generativa di internet e la produzione di innovazione, è stata già affermata l’importanza di vietare discriminazioni sulla base di logiche economiche e concorrenziali ed è importante che la bozza espliciti la questione. La rete, proprio perché libera e neutrale, ha sempre consentito la generazione di nuovi servizi e sistemi alternativi (ad esempio Apple), che nel tempo si sono naturalmente affermati in base alle scelte degli utenti. È evidente che, in virtù della struttura a rete, emergerà sempre una tecnologia vincente su cui si concentreranno tutti gli investimenti e le preferenze (ad esempio, se nascesse un nuovo social network con le medesime funzioni di Facebook, gli utenti probabilmente continuerebbero a scegliere quello utilizzato dal maggior numero di amici), ma ciò non significa che la struttura “dominante” sul mercato debba farla da padrone ed impedire ad altre soluzioni di emergere.

È giusto che la bozza affermi il ruolo della net neutrality come diritto fondamentale dei cittadini senza se e senza ma, perché qualsiasi posizione intermedia e qualsiasi misura che consenta agli operatori di discriminare il traffico annullerebbe del tutto il principio e aprirebbe la norma a pericolose interpretazioni. Tutto ciò non esclude che possano esistere accessi a pagamento per determinati contenuti o diverse tipologie di collegamento con varie prestazioni e costi. Ma nel rispetto del sistema “best effort” che governa la rete, è essenziale vietare qualsiasi operazione di traffic management, come azioni di gestione della banda e corsie preferenziali, con rallentamenti per coloro che non possono permettersi spese aggiuntive.



PROPOSTE DI MODIFICA

  • Trasparenza e concorrenza:

Come già detto, gli ISP possono stabilire tariffe differenziate per offrire velocità e condizioni di navigazione di qualità superiore, purché non vengano attuate operazioni di gestione del traffico, non vi siano accordi di tipo “pay-for-priority” tra operatori, e soprattutto sia garantita la trasparenza delle offerte. Il concetto di massima trasparenza della gestione del servizio potrebbe essere inserito nel testo dell’articolo, come garanzia di neutralità e piena libertà di scelta e informazione degli utenti.

Andrebbe esplicitato anche il divieto per gli operatori del settore di stipulare illeciti accordi commerciali e intraprendere azioni che possano selezionare e limitare l’uso della rete da parte dei cittadini.

In sostanza, si potrebbe aggiungere la seguente frase: “in una rete neutrale deve essere assicurata la massima trasparenza sulle condizioni di servizio; è vietata ogni operazione, commerciale o tecnica, che, ostacolando la libera concorrenza tra operatori, pregiudichi la libertà degli utenti”.

È importante che si parli di discriminazioni sul piano tecnico, ma anche di operazioni economiche: quest’ultime, ipoteticamente, penalizzerebbero i consumatori finali e permetterebbero ingiustamente agli ISP di accordarsi con le grandi imprese del web, dettando condizioni insostenibili per i piccoli content provider che sarebbero destinati alla scomparsa.

  • Eliminazione dell’ultima frase:

Dall’attuale testo dell’articolo potrebbe essere eliminata l’ultima frase, che appare ridondante dato che nel primo paragrafo il divieto di discriminazione dei messaggi e delle applicazioni è già chiaramente citato come principio da tutelare.

  • Libertà di espressione e di informazione:

Un appunto generale che si potrebbe fare all’articolo è che manca una spiegazione chiara di quali siano i diritti fondamentali che net neutrality e diritto di accesso assicurano. In particolare potrebbero essere menzionate nel testo libertà di espressione e di informazione (la libertà di scelta viene in parte citata con la perifrasi “legittime scelte delle persone”).

  • Servizio di pubblica utilità:

In sostanza, la net neutrality difende l’idea che su internet non debbano esistere contenuti diversi accessibili a diverse “categorie” di utenti: un’ultima precisazione da aggiungere potrebbe essere che “la neutralità di internet tutela il principio di uguaglianza dei cittadini nell’uso di uno strumento di pubblica utilità”.