di Serena Pacchiachucchi
La bozza della Dichiarazione dei Diritti di Internet è stata pubblicata lo scorso ottobre al termine dei lavori dell’apposita Commissione, istituita dalla presidente della Camera, Laura Boldrini, presieduta dal prof. Rodotà e composta equamente da esperti del settore e parlamentari.
La dichiarazione si compone di un preambolo e 14 articoli, che
spaziano dal diritto di accesso all’anonimato, dalla difesa
dell’identità del cittadino al diritto all’oblio, dalla tutela
dei dati personali e della sicurezza in rete ai criteri per il
governo di internet.
Il presente lavoro si concentrerà in particolare sull’articolo 3,
dedicato al tema della neutralità della rete. Brevemente, la
questione riguarda il trasporto dei pacchetti di dati che viaggiano
in internet e l’idea che questi debbano essere trattati tutti allo
stesso modo, senza discriminazioni: la neutralità implica che si
vieti la possibilità, da parte degli internet service provider
(ISP) fornitori del servizio, di gestire il traffico privilegiando
certi contenuti o certi operatori a discapito di altri.
PERCHÉ È IMPORTANTE GARANTIRE IL DIRITTO AD UNA RETE NEUTRALE
È chiaro come nella società attuale internet costituisca parte
integrante e sempre più indispensabile delle nostre vite. Proprio
per questo motivo, la rete va considerata come un bene comune, al
quale deve essere garantito l’accesso e la possibilità di
utilizzarne servizi e benefici senza discriminazioni e
disuguaglianze. La questione della net neutrality potrebbe essere
dunque equiparata per importanza alle libertà fondamentali della
persona, la cui tutela è precondizione della democrazia stessa. Per
questo, il riconoscimento di una garanzia pubblica a favore di una
rete neutrale appare indispensabile in uno stato di diritto.
Prima di entrare nel merito delle libertà fondamentali, è
necessario spiegare meglio qual è il principio che la dichiarazione
vuole difendere e quali sono le possibili conseguenze che una “non
neutralità” porterebbe sulla scena.
Come già accennato, la rete è neutrale quando i pacchetti di dati
non possono essere discriminati in base a ciò che contengono, al
mittente, al sistema utilizzato, ecc. Tuttavia, molti ISP vorrebbero
la libertà di poter gestire i pacchetti affinché, durante i picchi
di traffico, possano rallentare quelli meno importanti: ma chi
stabilisce quali dati meritano la priorità? Allo stesso modo, si
potrebbe sostenere che i pacchetti che trasportano contenuti pirata o
illegali vadano bloccati, ma questo presuppone l’esercizio di un
controllo a priori sul traffico e una selezione dei contenuti: il
rischio di possibili scorrettezze o censure preventive è
evidentemente molto alto.
In pratica, se fosse consentito discriminare i dati in base al
contenuto, gli ISP potrebbero essere tentati dal rallentare il
servizio di un operatore non gradito o concorrente, con la possibile
conseguenza di blocchi “convenienti” o contenuti “imposti” da
governi o altre entità. L’utente potrebbe avere accesso solo a una
parte della rete, quella cioè dei grandi player, che avrebbero la
forza di stipulare accordi economici con gli ISP per la fornitura di
maggiore banda, mentre tutti i piccoli potenziali innovatori,
blogger, startup, progetti di stampo locale ecc. potrebbero essere
messi in secondo piano o addirittura scomparire. In conclusione si
prospetterebbe un internet a due velocità, con connessioni più
efficienti e contenuti migliori per cittadini e imprese disposti a
pagare, mentre per tutti gli altri resterebbe un servizio di livello
inferiore in cui la banda sarebbe soggetta a blocchi e restrizioni in
favore di servizi “superiori”.
La rete, da sempre strumento libero e in costante sviluppo,
perderebbe immediatamente la sua forza e gli utenti si ritroverebbero
solo canali e contenuti predefiniti, in un modo del tutto simile ad
una tv satellitare. Il modello della neutralità, invece, presuppone
la concezione di internet come uno strumento fondamentale della vita
dei cittadini, al pari di altri servizi di utenza comune come
l’elettricità, il gas, il telefono: un servizio pubblico che deve
essere garantito indipendentemente dalle modalità d’uso, e che
viene pagato in base al consumo effettuato.
Non solo, la discriminazione potrebbe assumere anche la forma più
subdola di rallentamenti tecnici, mancati aggiornamenti di software o
scarsa manutenzione delle reti allo scopo di favorire più o meno
apertamente certi player. Una cosa simile si è verificata negli
Stati Uniti, dove la compagnia di telecomunicazioni Verizon ha
rallentato la velocità del servizio di Netflix, fornitore di
contenuti video online (in concorrenza con lo stesso Verizon per
alcuni servizi). Verizon non aveva effettuato alcuni aggiornamenti
tecnici necessari per aumentare la capacità di banda durante i
momenti di sovraccarico, con ripercussioni sulla qualità dei servizi
di streaming. L’obiettivo di Verizon sarebbe quello di proporre un
accordo commerciale al content provider per concedergli
priorità di banda e maggiore velocità. L’operazione ha portato
però, sempre negli Stati Uniti, alla nota battaglia tra Verizon e la
FCC (Federal Communication Commision del governo statunitense):
quest’ultima aveva imposto delle regole agli ISP per una gestione
non discriminante dei servizi online, mentre la compagnia di
telecomunicazioni si è opposta alla legittimità del regolamento
vincendo la causa. La FCC ha dovuto riscrivere le proprie norme e
attualmente sta lavorando ad una proposta già aperta alla
consultazione pubblica.
Tornando alla proposta italiana e al collegamento tra net neutrality
e diritti fondamentali, lo stesso preambolo della bozza riconosce
come indispensabile il “pieno riconoscimento di libertà,
eguaglianza, dignità e diversità di ogni persona”, principi che
vengono garantiti proprio riconoscendo un accesso equo e libero ad
internet e ai suoi contenuti. La premessa inoltre insiste sulla
necessità di una garanzia che “eviti il prevalere di poteri
pubblici e privati che possano portare ad una società della
sorveglianza, del controllo e della selezione sociale”, rifiutando
così qualsiasi discriminazione e abuso di potere, sia politico che
economico, nell’uso della rete.
Nello specifico, affermare l’importanza di una rete neutrale
significa garantire a tutti i cittadini la stessa libertà di
espressione, affinché le conversazioni o i pensieri manifestati via
web non subiscano rallentamenti o blocchi in base al contenuto;
significa anche garantire la libertà di azione e la possibilità di
creare innovazione, perché i servizi emergenti devono godere delle
stesse condizioni dei grandi operatori (chiamati anche over the
top, OTT) affinché i nuovi Facebook e Google possano affermarsi.
La garanzia riguarda anche il diritto di scelta e il principio di
libera concorrenza, per il quale sono gli utenti, e non i fornitori
della banda, a decidere chi avrà successo e chi no sulla rete
preferendo un servizio ad un altro.
La questione resta comunque delicata, soprattutto in merito a chi
dovrebbe assicurare simili garanzie e in che modo. Una delle
principali critiche mosse alla dichiarazione dei diritti italiana è
proprio la scarsa applicabilità, l’impossibilità di influenzare,
con un provvedimento di carattere nazionale, un fenomeno di
dimensione mondiale e sovranazionale. In realtà, come si legge nel
preambolo, si tratta di un documento “indispensabile per dare
fondamento costituzionale a principi e diritti”, un atto normativo
di indirizzo che mira a garantire dei valori di base e affronta nello
specifico il contesto di internet, ormai sempre più fondamentale per
la vita dei cittadini.
ELEMENTI CONDIVISIBILI NEL TESTO
Parlando del testo della bozza italiana, innanzi tutto la scelta di
intervenire esplicitamente in difesa della net neutrality costituisce
di per sé un punto importante e condivisibile.
È ingenuo, per non dire sbagliato, credere che la rete si possa
autoregolare e rimanere neutrale senza opportune regole a tutela dei
player minori (utenti e imprese fornitrici di contenuti o servizi).
Se le istituzioni non richiedono in modo chiaro agli operatori di
telecomunicazioni di rispettare determinati valori e diritti, il
rischio è che le grandi compagnie del settore possano aggirare
quegli stessi principi, dettando regole più o meno trasparenti e
obbligate su contenuti, velocità e scelte degli utenti. Per questo,
la presenza dell’articolo sulla net neutrality costituisce quasi la
precondizione di tutta la carta dei diritti, che hanno fondamento
solo se chi utilizza la rete ha il pieno controllo di ciò che invia,
riceve o fruisce tramite la stessa.
Commentando nel dettaglio l’articolo 3, il testo può essere
idealmente suddiviso in due parti (per altro già contraddistinte dal
capoverso). Il primo paragrafo recita:
“Ogni persona ha il diritto che i dati che trasmette e riceve in
Internet non subiscano discriminazioni, restrizioni o interferenze in
relazione al mittente, ricevente, tipo o contenuto dei dati,
dispositivo utilizzato, applicazioni o, in generale, legittime scelte
delle persone.”
Tutto quello che è stato detto fin’ora sull’importanza della
garanzia di una rete neutrale può trovare riscontro in queste prime
righe dell’articolo. È importante che vengano differenziati i
termini “discriminazioni”, “restrizioni” e “interferenze”,
di modo che possano intendersi come operazioni scorrette anche i più
piccoli e dissimulati interventi di traffic management.
Apprezzabile inoltre il riferimento alla libertà di scelta del
singolo, in merito anche ad applicazioni e dispositivi utilizzati,
che non devono costituire fonte di differenziazione. In linea di
principio, queste poche righe appaiono ben formulate e chiare, anche
se piuttosto generiche.
Il secondo paragrafo affronta invece il nocciolo della questione, la
parte più delicata e controversa. Il testo è il seguente:
“La neutralità della Rete, fissa e mobile, e il diritto di
accesso sono condizioni necessarie per l’effettività dei diritti
fondamentali della persona. Garantiscono il mantenimento della
capacità generativa di Internet anche in riferimento alla produzione
di innovazione. Assicurano ai messaggi e alle loro applicazioni di
viaggiare online senza discriminazioni per i loro contenuti e per le
loro funzioni”.
La prima cosa che si nota è il carattere molto didascalico delle
affermazioni, quasi una spiegazione del modo in cui la carta
interpreta il tema della net neutrality. La prima frase costituisce
il nodo centrale e contiene due punti molto importanti.
Il primo è sicuramente il fatto che si parli di rete fissa e mobile,
aprendo la questione ad un mondo in cui la neutralità non è
assicurata. I provider mobili, infatti, hanno già facoltà di
discriminare i pacchetti di dati e scegliere quali trasmettere e
quali escludere dal servizio. Ad esempio, alcuni hanno provato a non
consentire ai loro utenti l’uso di Skype su connessioni mobili, per
evidenti motivi di concorrenza. Se questo fosse stato possibile anche
su rete fissa, probabilmente i servizi cosiddetti VoIP come Skype non
sarebbero potuti nascere, perché in competizione con i tradizionali
operatori telefonici. Ciò significa che senza neutralità
l’innovazione e la nascita di nuovi sistemi potrebbe essere
compromessa, o comunque vincolata all’approvazione dei grandi
gestori del traffico. Gli operatori di rete mobile non devono
ricevere nessun trattamento di favore e anche ai loro servizi deve
essere applicato il principio di neutralità al pari del sistema
“tradizionale”.
Il secondo punto importante del testo è che la neutralità è
accompagnata dal diritto di accesso, affrontato nello specifico
dall’articolo 2 della dichiarazione. Le questioni sono strettamente
collegate, in quanto senza accesso, inteso come adeguate
infrastrutture diffuse su tutto il territorio, parlare di rete
neutrale non avrebbe senso. La mancanza ad esempio di banda larga in
una zona costituirebbe un ostacolo alla fruizione di specifici
contenuti che richiedono maggiore velocità e al potenziale sviluppo
di nuove applicazioni. Nella stessa frase del testo, si sottolinea
nuovamente che i due principi sono la base per la reale garanzia dei
diritti fondamentali della persona: non c’è libertà di
espressione né di informazione senza diritto di accesso, non c’è
libertà di scelta senza neutralità dei servizi.
In riferimento alla capacità generativa di internet e la produzione
di innovazione, è stata già affermata l’importanza di vietare
discriminazioni sulla base di logiche economiche e concorrenziali ed
è importante che la bozza espliciti la questione. La rete, proprio
perché libera e neutrale, ha sempre consentito la generazione di
nuovi servizi e sistemi alternativi (ad esempio Apple), che nel tempo
si sono naturalmente affermati in base alle scelte degli utenti. È
evidente che, in virtù della struttura a rete, emergerà sempre una
tecnologia vincente su cui si concentreranno tutti gli investimenti e
le preferenze (ad esempio, se nascesse un nuovo social network con le
medesime funzioni di Facebook, gli utenti probabilmente
continuerebbero a scegliere quello utilizzato dal maggior numero di
amici), ma ciò non significa che la struttura “dominante” sul
mercato debba farla da padrone ed impedire ad altre soluzioni di
emergere.
È giusto che la bozza affermi il ruolo della net neutrality come
diritto fondamentale dei cittadini senza se e senza ma, perché
qualsiasi posizione intermedia e qualsiasi misura che consenta agli
operatori di discriminare il traffico annullerebbe del tutto il
principio e aprirebbe la norma a pericolose interpretazioni. Tutto
ciò non esclude che possano esistere accessi a pagamento per
determinati contenuti o diverse tipologie di collegamento con varie
prestazioni e costi. Ma nel rispetto del sistema “best effort”
che governa la rete, è essenziale vietare qualsiasi operazione di
traffic management, come azioni di gestione della banda e
corsie preferenziali, con rallentamenti per coloro che non possono
permettersi spese aggiuntive.
PROPOSTE DI MODIFICA
- Trasparenza e concorrenza:
Come già detto, gli ISP possono stabilire tariffe differenziate per
offrire velocità e condizioni di navigazione di qualità superiore,
purché non vengano attuate operazioni di gestione del traffico, non
vi siano accordi di tipo “pay-for-priority” tra operatori, e
soprattutto sia garantita la trasparenza delle offerte. Il concetto
di massima trasparenza della gestione del servizio potrebbe essere
inserito nel testo dell’articolo, come garanzia di neutralità e
piena libertà di scelta e informazione degli utenti.
Andrebbe esplicitato anche il divieto per gli operatori del settore
di stipulare illeciti accordi commerciali e intraprendere azioni che
possano selezionare e limitare l’uso della rete da parte dei
cittadini.
In sostanza, si potrebbe aggiungere la seguente frase: “in una rete
neutrale deve essere assicurata la massima trasparenza sulle
condizioni di servizio; è vietata ogni operazione, commerciale o
tecnica, che, ostacolando la libera concorrenza tra operatori,
pregiudichi la libertà degli utenti”.
È importante che si parli di discriminazioni sul piano tecnico, ma
anche di operazioni economiche: quest’ultime, ipoteticamente,
penalizzerebbero i consumatori finali e permetterebbero ingiustamente
agli ISP di accordarsi con le grandi imprese del web, dettando
condizioni insostenibili per i piccoli content provider che
sarebbero destinati alla scomparsa.
- Eliminazione dell’ultima frase:
Dall’attuale testo dell’articolo potrebbe essere eliminata
l’ultima frase, che appare ridondante dato che nel primo paragrafo
il divieto di discriminazione dei messaggi e delle applicazioni è
già chiaramente citato come principio da tutelare.
- Libertà di espressione e di informazione:
Un appunto generale che si potrebbe fare all’articolo è che manca
una spiegazione chiara di quali siano i diritti fondamentali che net
neutrality e diritto di accesso assicurano. In particolare potrebbero
essere menzionate nel testo libertà di espressione e di informazione
(la libertà di scelta viene in parte citata con la perifrasi
“legittime scelte delle persone”).
- Servizio di pubblica utilità:
In sostanza, la net neutrality difende l’idea che su internet non
debbano esistere contenuti diversi accessibili a diverse “categorie”
di utenti: un’ultima precisazione da aggiungere potrebbe essere che
“la neutralità di internet tutela il principio di uguaglianza dei
cittadini nell’uso di uno strumento di pubblica utilità”.